Long-run Growth and the Standard of Life
INTRODUCTION
Recent growth-accounting studies (e.g. G. Schwerdt and J. Turunen, “Growth
in Euro Area Labour Quality”, European Central Bank, Working Paper Series,
no. 575, 2006)) show that the Solovian residual, usually referred to as “total
factor productivity growth”, accounts for a declining part of economic
growth, while a significant and rising part is attributed to labour quality
improvements. Quite apart from the chosen proxies for labour quality (education,
age, gender, …), all of these studies point to the increasing importance
of the workers’ overall quality of life as an engine of potential, long-run
growth. Education, health care, safety, a fair regulation of labour contracts
affect positively the workers’ productivity: they are the cause no less
than the effect of permanent economic growth.
Many prominent economists of the past, and among them the very founding fathers
of liberalism, were fully aware of the central importance of the standard of
life and social policies for long-run growth. More recently, the “capabilities
approach” of A. Sen put the people’s standard of life at the centre
of the problems of economic growth and to a similar effect led the renewed interest
on the “economics of happiness” (e.g. Bruni and Porta, Economics
and happiness: framing the analysis, Oxford University Press, 2005). On more
analytical grounds, we may also mention the modern literature on endogenous
growth.
The volume is divided in two parts: a historical part and a part devoted to
some current issues. The historical part aims at showing that the arguments
put forward by some prominent liberal authors of the past in favour of social
policies are still very interesting and inspiring. Such arguments, and particularly
those put forward by Adam Smith, John Stuart Mill and Alfred Marshall are presented
against the background of the historical conditions of their time, and critically
discussed, with an eye to contemporary concerns.
The second part considers some institutional and policy aspects which recur
in current discussions. Labour market regulation, education, health, are some
of the typical factors affecting the capabilities which define a “standard
of life” and have an important role for permanent growth possibilities.
CONTENTS
PART I Social policies and the “standards of life” in Classical and early Neo-Classical political economy
1.1 G. Guarini: “Standards of life and economic development in A. Smith”.
1.2 M. Pomini: “The debate on education financing in the Classical school”.
1.3 A. Opocher: “Does economic growth ultimately lead to a ‘nobler
life’? A comparative analysis of the predictions of Mill, Marshall and
Keynes”.
PART II. Labour market regulation, learning, education and health policies:
some current issues
2.1 M. Lisciandra: “Minimum wages and their impact on growth. Is Italy
ready for their introduction?”.
2.2 M. Pomini: “Endogenous growth and educational systems”.
2.3 T. Bassetti: “Education and poverty in a Solow growth model”.
2.4 D. Gualerzi: Structural dynamics, Capabilities, and the standard of life.
2.5 G. Mariutti: “Something new under the sun – The structural evolution
of learning and wealth since the First industrial revolution”.
2.6 R. Balducci: “Change in consumer preferences, income inequality and
endogenous growth”.
2.7 A. Vercelli: “Health, globalisation and sustainable development”.
2.8 T. Fioroni e L. Zanelli: “Health Expenditure, Economic Growth and
Inequality: Private versus Public System”.
2.9 D. Dottori: “Health Funding, Inequality, and Economic Growth”.
ABSTRACTS
1.1 G. Guarini, “Standards of life and economic development in A. Smith”.
In questo lavoro intendo analizzare il pensiero di Adam Smith riguardo al nesso
fra sviluppo economico e qualità della vita. L’obiettivo generale
del saggio è mostrare come per Adam Smith i fattori sociali ed economici
siano fortemente correlati e come gli standard di vita giochino un importante
ruolo nel raggiungere livelli ottimali di sviluppo economico e sociale. In particolare
si pone l’attenzione su due temi: il primo riguarda la concezione smithiana
della società e dell’uomo che influenza direttamente la sua concezione
dell’economia; il secondo riguarda le condizioni dei lavoratori in termini
di qualità del lavoro e retribuzioni. All’interno del secondo tema
vi è un riferimento importante alla divisione del lavoro che Smith analizza
sia dal punto di vista strettamente economico sia da quello legato alle condizioni
di vita dei lavoratori.
1.2 M. Pomini, “The debate on education financing in the Classical school”. L’istruzione viene unanimemente considerata uno dei fattori più rilevanti per la crescita economica. Per questa ragione l’analisi degli effetti economici dell’istruzione, come pure delle sue complesse relazioni con la società, sia stata al centro degli interessi della Scuola Classica. I due autori che più di ogni altro hanno affrontato questo tema, pur da angolazioni diverse, sono stati A. Smith e J. S. Mill. Mentre il primo ha evidenziato principalmente le economie esterne associate all’aumento della scolarità, Mill ha considerato anche altri aspetti, come ad esempio i costi di transazione. L’aspetto notevole, comunque, è che, pur all’interno di una visione liberista dell’agire economico, gli autori classici erano concordi nel sottolineare come il settore dell’istruzione fosse uno dei pochi che non potevano essere lasciati al libero mercato, al gioco della domanda e dell’offerta. La questione del ruolo della mano pubblica nel campo educativo con riguardo alla crescita economica è tornata alla ribalta all’interno della teoria della crescita endogena. A partire dal saggio di Glomm e Ravikumar del 1992 è sorta un’abbondante letteratura che ha focalizzato l’attenzione sulle problematiche legate al finanziamento dell’istruzione obbligatoria e alle politiche scolastiche più idonee per favorire la crescita economica. Sono riemerse all’interno di questo dibattito alcune questioni tradizionali sul ruolo dello Stato nel finanziamento e nella gestione del settore formativo che erano già state considerate dagli autori classici. Lo scopo del contributo è duplice. Da un lato chiarire la posizione dei classici su questa importante materia, maturate in un contesto economico caratterizzato da una marcata disuguaglianza sociale. In secondo luogo, analizzare come queste problematiche siano state riprese e rielaborate, anche da un punto di vista analitico, all’interno di un importante filone della teoria della crescita endogena. Si tratta di verificare se la risposta che gli economisti classici hanno dato alla relazione tra l’investimento sociale in istruzione e la crescita economica sia la stessa che ritroviamo due secoli dopo nelle versioni analiticamente più evolute della attuale modellistica della crescita endogena. (ex 22)
1.3 A. Opocher, “Does economic growth ultimately lead to a ‘nobler life’? A comparative analysis of the predictions of Mill, Marshall and Keynes”. The writings of Mill, Marshall and Keynes reviewed in this paper share the same conception of output growth as something whose value depends on the conditions of life that it allows: as time goes on, and capital and technical knowledge accumulate, material production has a diminishing importance, whereas the conditions of work, the use of leisure, the quality of inter-personal relations, for potentially all members of society tend to become the real goal. Since there has been recently an increasing interest for “quality adjusted” growth accounting, for comprehensive evaluations of “human development” and more synthetically, for the relationships between wealth and happiness, it seems of some interest to look back at the authors who laid down the conceptual basis for an analysis of the complex relations between output growth and material, intellectual and moral conditions of life; and to examine on what grounds, precisely, they reached their conclusions and with what differences from one another.
2.1 M. Lisciandra, “Minimum wages and their impact on growth. Is Italy
ready for their introduction?”. L’Italia rimane uno dei pochi paesi
dell’OCSE a non avere introdotto un salario minimo. Infatti, la legislazione
italiana del lavoro demanda alla contrattazione collettiva l’introduzione
di minimi inderogabili differenziati per settore merceologico o per mansione.
Tuttavia vengono escluse ampie fasce di lavoratori e l’intervento governativo
rimane pressoché inesistente. Un’analisi a tutto tondo sia teorica
che empirica sui salari minimi appare pertanto particolarmente opportuna, anche
alla luce del fatto che gli ultimi anni hanno visto il potere d’acquisto
dei lavori a bassa e media produttività eroso da processi inflazionistici
latenti. Le finalità del saggio del quale propongo una breve sinossi
sono la formulazione di una politica percorribile di salario minimo in Italia,
senza prescindere da un’analisi del corpus legislativo in cui essa deve
essere inserita, ma anche l’identificazione degli effetti che l’introduzione
di un salario minimo generale può avere sulla crescita di un paese, così
come indicato nel punto B7 del programma di ricerca. Se si riterrà opportuno
il saggio potrà anche essere scisso in due parti: l’investigazione
dell’impatto del salario minimo sulla crescita economica e l’analisi
con annessa proposta legislativa dell’introduzione di un salario minimo
generale in Italia. I salari minimi sono uno strumento di politica economica
e sociale che vuole intervenire essenzialmente nell’ambito della distribuzione
del reddito. Gli effetti che tale politica ha sull’economia nel suo complesso
ed in particolare sull’occupazione sono molteplici e spesso contradditori
ma hanno avuto ampio spazio nella ricerca moderna vista la criticità
di tale misura economica. Poca ricerca tuttavia è stata effettuata sugli
effetti dei salari minimi sulla crescita. Alcuni punti a tal proposito si possono
identificare nelle seguenti osservazioni:
1. L’impatto che un livello minimo salariale può avere sulla produttività
o in senso più generale sulla motivazione. All’interno di questo
ambito si potrebbe fare ricorso all’analisi dei salari d’efficienza
nelle diverse tipologie che identificano tale teoria.
2. L’impatto sulla produttività può essere altresì
anche indiretto, cioè l’introduzione di salari minimi può
indurre le imprese a ottimizzare la produttività del capitale per unità
di lavoro e migliorare la formazione.
3. L’impatto che la crescita salariale di determinati nuclei familiari
può avere sui tassi di crescita di determinati settori in cui la domanda
di questi redditi più bassi si può concentrare.
4. L’alterazione dei prezzi relativi che segue l’introduzione di
un salario minimo può anche condurre ad una sostituzione di lavoro con
capitale oppure di lavoro a bassa specializzazione con lavoro a più alta
specializzazione.
5. L’eventuale dislocazione di lavoratori da settori/lavori coperti a
settori/lavori non coperti o informali per cui potrebbe sorgere perdita di valore
aggiunto contabilizzato.
6. Infine appare interessante capire quale effetto possa avere sulla crescita
un’eventuale spostamento del costo del salario minimo dall’impresa
al consumatore.
Il saggio si concentrerà anche su una domanda spesso sottovalutata: quando
introdurre i salari minimi? Una crescita sostenuta aiuta l’introduzione
di salari minimi come misura di redistribuzione della ricchezza aggiuntiva e
riduzione della disuguaglianza salariale. Tuttavia una crescita fiacca può
rendere paradossalmente ancor più impellente l’introduzione di
salari minimi per sostenere i salari dei più deboli, cioè di coloro
che possono soffrire di più nei periodi di magra. Questa analisi si dovrà
compiere anche alla luce dell’esperienza storica di altri paesi e possibilmente
calarla nella realtà economica italiana in cui una forma di riduzione
della disuguaglianza economica appare sempre più opportuna. (Ex 4)
2.2 M. Pomini: “Endogenous growth and educational systems”. L’istruzione viene unanimemente considerata uno dei fattori più rilevanti per la crescita economica. Per questa ragione l’analisi degli effetti economici dell’istruzione, come pure delle sue complesse relazioni con la società, sia stata al centro degli interessi della Scuola Classica. I due autori che più di ogni altro hanno affrontato questo tema, pur da angolazioni diverse, sono stati A. Smith e J. S. Mill. Mentre il primo ha evidenziato principalmente le economie esterne associate all’aumento della scolarità, Mill ha considerato anche altri aspetti, come ad esempio i costi di transazione. L’aspetto notevole, comunque, è che, pur all’interno di una visione liberista dell’agire economico, gli autori classici erano concordi nel sottolineare come il settore dell’istruzione fosse uno dei pochi che non potevano essere lasciati al libero mercato, al gioco della domanda e dell’offerta. La questione del ruolo della mano pubblica nel campo educativo con riguardo alla crescita economica è tornata alla ribalta all’interno della teoria della crescita endogena. A partire dal saggio di Glomm e Ravikumar del 1992 è sorta un’abbondante letteratura che ha focalizzato l’attenzione sulle problematiche legate al finanziamento dell’istruzione obbligatoria e alle politiche scolastiche più idonee per favorire la crescita economica. Sono riemerse all’interno di questo dibattito alcune questioni tradizionali sul ruolo dello Stato nel finanziamento e nella gestione del settore formativo che erano già state considerate dagli autori classici. Lo scopo del contributo è duplice. Da un lato chiarire la posizione dei classici su questa importante materia, maturate in un contesto economico caratterizzato da una marcata disuguaglianza sociale. In secondo luogo, analizzare come queste problematiche siano state riprese e rielaborate, anche da un punto di vista analitico, all’interno di un importante filone della teoria della crescita endogena. Si tratta di verificare se la risposta che gli economisti classici hanno dato alla relazione tra l’investimento sociale in istruzione e la crescita economica sia la stessa che ritroviamo due secoli dopo nelle versioni analiticamente più evolute della attuale modellistica della crescita endogena. (ex 22)
2.3 Thomas Bassetti, Education and poverty in a Solow growth model. La letteratura economica sulla crescita ha ormai da tempo riconosciuto l’importanza del capitale umano nel promuovere e sostenere la crescita economica di un paese. Secondo questa letteratura, gli individui possono accumulare capitale umano essenzialmente in due modi: investendo in educazione o accumulando esperienza sul posto di lavoro. Tuttavia, anche per la difficoltà di misurare l’acquisizione di esperienza sul posto di lavoro, la letteratura macroeconomica si è concentrata principalmente sull’investimento in educazione. Seguendo quest’impostazione anche noi formuleremo un modello in cui l’accumulazione di capitale umano avviene attraverso l’investimento in educazione. In particolare, nel nostro lavoro, mostreremo come l’accumulazione di capitale umano possa seguire delle dinamiche non lineari. Partendo da un equazione di accumulazione di capitale umano alla Lucas (1988), sotto ipotesi piuttosto plausibili, arriveremo ad una funzione di produzione del capitale umano di tipo logistico. Successivamente, ipotizzando individui omogenei, passeremo ad una funzione aggregata di capitale umano, funzione che verrà inserita in un modello di crescita alla Solow. Come vedremo, questo modello soloviano “modificato” sarà in grado di spiegare l’esistenza di “trappole della povertà” nel percorso di crescita di un sistema economico. Una delle principali implicazioni di questo modello sarà quella di supportare le politiche di sostegno all’educazione al fine di consentire ai paesi meno sviluppati di uscire dalla c.d. “trappola della povertà”. L’ultima parte del paper verrà infine dedicata alla verifica empirica delle nostre intuizioni teoriche.
2.4 D. Gualerzi: “Structural dynamics, Capabilities, and the standard of life”. A fundamental aspect of long run development is the evolution of consumption. Quite obvious as this is it has rarely been discussed in the theoretical growth literature. This can be seen examining how consumption is dealt with in Endogenous growth models. This theme is instead a central aspect of both Pasinetti structural dynamics and Sen capabilities approach. In particular, in the case of Sen the constant reference is to issues of social justice and social welfare; in the case of Pasinetti, the focus is on what is necessary to maintain full employment. These two approaches then provide an analytical structure that helps to frame and study the question of an evolving standard of life in the context of long run development. The paper compares and contrasts these two analytical structures approaches and discusses the implications of their dynamic approach to consumption for the analysis of the standard of life; it then examines how that feeds back into the analysis of long term growth. This feedback highlights the central role played by learning processes and that, in turn, opens up the possibility of discussing current trends of transformation, based for example on the spread of information technologies.
2.5 G. Mariutti: “Something new under the sun – The structural evolution of learning and wealth since the First industrial revolution”. The aim of this paper is threefold. First, it tries to collect in systematic form some empirical evidence on the composition of a) economic production (sectoral composition of output) and b) human knowledge production in particular as it appers the skill composition of the labour force and in the the educational system. (in particular in the composition of university departments and students by academic field); Second, it tries to show from this evidence that in the long-run structural change is an important dimension of both system a) and b), and that the two systems do not change one independently from the other, but rather that they co-evolve. Third, the paper tries to outline some regularities (stylized facts) of this new dimension in a multisectoral model of economic growth with non-proportional dynamics. In so doing, it singles outs two structural components in the process of economic growth: the intrasectoral component which acts within each sector and allows the raise of productivity through time; and the intersectoral component which acts –through the movement of the labour force – across sectors. It is the interplay of these two components that produces, in an economic system, the overall rate of growth. Too much writing on economic growth takes place in a historical and empirical vacuum, or creates factual artifacts in which events convenient to the author's interpretation are plucked selectively from the record, or, conversely, ready-to-use statistical databases are plugged into ready-to-use software applications to squeeze from them some unquestioned synthetic indexes. This is to a larger extent true also for writings on economics A more comprehensive knowledge of the empirical evolution of the economic and educational system is preliminary to the urge to make correct theoretical generalisations. This paper tries to make some steps in this direction. (Ex 50)
2.6 R. Balducci: “Change in consumer preferences, income inequality and endogenous growth”. The article examines the effects on growth of private or public investment in health, schooling and culture; briefly education. Such expenditures exert an effect on the growth rate through the positive externality in the productivity of the capital stock, while the substitutability between education and private consumption modifies the saving decisions and a higher growth rate may be obtained. It is interesting to investigate the different effects on economic growth of two different regimes: public financed education expenditure and private investment in education. Are they effectively equivalent? The answer generally is no. The reason is that – unlike private investments – universalist public education has an important positive externality on the economic system’s efficiency but it does not create sufficient incentives (through income differentials) to shift consumer preferences in favour of education. (Ex 30)
2.7 A. Vercelli: “Health, globalisation and sustainable development”. This paper aims to explore the main channels of influence through which the recent process of globalisation has affected the health of people, exerting an important influence on the sustainability of world development. To this end we try to identify the principal, direct and indirect, empirical correlations between the main features of globalisation and different indices of health; we proceed then to a preliminary discussion of their causal contents. The indirect correlations run in both directions. This feature turns out to be particularly important since the feed-back between the main intermediate variables (income growth, income inequality and environmental degradation) and different aspects of health plays a crucial role in determining the sustainability of world development. (Ex 51)
2.8 T. Fioroni e L. Zanelli: “Health Expenditure, Economic Growth and
Inequality: Private versus Public System”. In this paper we analyze how
different health spending systems can affect economic growth and inequality.
The main idea is to develop an overlapping generations model in which individuals
live for three periods and have an endogenous probability to survive to old
age depending on health spending. Health is assumed to be a durable capital
stock that is demanded as consumption commodity, since it increases individual’s
utility, and as an investment commodity, since it determines the total amount
of time available for market and non-market activities (Grossman, 1972). Moreover,
health is a superior good; it implies that, as people get richer and their consumption
rises, they devote an increasing share of resources to health care (Jones and
Hall, 2005). In this context, we compare the implications of a private and public
health system for economic growth and inequality in developed and developing
countries. (Ex 8)
2.9 D. Dottori: “Health Funding, Inequality, and Economic Growth”. An over lapping generations model `a la Glomm and Ravikumar (JPE 1992) is set up to compare in terms of economic growth rates and income distribution two regimes of health funding: private and public ones. Health is not only a component of human capital but it also yields directly utility and - by enlarging lifespan - it reduces future discounting thus a_ecting the propensity to invest in human capital accumulation. In the private system health expenditure is chosen in a decentralized way, whereas in the public regime it is provided by government and funded through an income tax, with agents voting over the tax rate. Endogenous poverty and low development traps are shown to may arise. Inequality turns out to decline faster under public regime, whereas in the private one it may be nondecreasing. Private system generally results to bring about higher growth rates, but when income distribution is enough uneven public system may feature higher growth rates.