PUBLIC SECTOR, MONETARY AND FISCAL POLICY AND GROWTH
a cura di R.Balducci e C.Panico
Introduzione
Il volume che si propone vuole approfondire i problemi relativi ai diversi
modi in cui la crescita economica può essere influenzata dalla presenza
del settore pubblico o da scelte riguardanti la struttura finanziaria degli
operatori pubblici e privati.
Sono stati raccolti gli abstract presentati per la prima riunione, con la coscienza
che molti di essi saranno modificati o non giungeranno a buon fine. In ogni
caso, la formulazione della presente proposta può consentire ai componenti
del gruppo di orientarsi rispetto al lavoro degli altri e suggerire nuovi spunti
di ricerca per il lavoro dei prossimi mesi.
La proposta è divisa in quattro sezioni. La prima si sofferma sul ruolo
complessivo che l’intervento pubblico può avere nei processi di
crescita e sviluppo. La seconda muove dalla dimensione complessiva dell’intervento
pubblico ad aspetti specifici, al fine di valutarne il loro impatto. La terza
riprende il discorso, già accennato nella prima sezione, dei punti deboli
dell’intervento pubblico, soffermandosi in particolare sui temi dlla corruzione
e della presenza di gruppi di pressione che possono spingere verso il perseguimento
di obiettivi di parte più che di interessi generali della collettività.
La quarta ed ultima sezione approfondisce aspetti finanziari delle scelte fatte
dagli operatori pubblici e privati e la loro rilevanza per la crescita economica.
Section A: Public Sector and Development Processes
A1 – C. Panico, Myrdal, growth processes and equilibrium theory
A2 - T.Luzzati, La sostenibilità dello sviluppo e il ruolo delle politiche
pubbliche a fronte delle crescenti scarsità ambientali: attualità
dell’opera di Karl William Kapp.
A3 - P.Commendatore et al., Public policy, effective demand and growth
A4 - D.Gualerzi, Spesa pubblica ed espansione economica
Section B: Micro and Macroeconomic Policies for Growth
B1 - L.Fanti, Imperfezione dei mercati, politiche pubbliche e dinamica economica
B2 - R.Balducci, Optimal Taxation of housing income and economic growth
B3 - M.Pignatti Morano, Participatory planning of economic development and production
of local public goods
Section C: Government Faillures
C1 – A.Acconcia, C.Petraglia, Public spending allocation under tax evasion
and corruption
C2 - F.Purificato, Dinamiche politiche e crescita economica: il ruolo dei gruppi
di pressione
C3 - C.Petraglia, F.Purificato, La politica per lo sviluppo del mezzogiorno:
il ruolo dei gruppi di pressione
C4 - C.Talamo, Come la corruzione può incidere sull’efficienza
dei sistemi di regolazione e programmi di sviluppo del governo
Section D: Government deficit, finale and growth
D1 – S.Capasso, C.Talamo, Titolo da definire
D2 – M.Arnone, A.Presbitero, External debt sustainability and domestic
debt in heavily indebted countries
D3 – G.Conti,G.Mastromatteo, Debito pubblico, crescita economica e finanziaria.
Il caso italiano
Section A: Public Sector and Development Processes
Le ragioni della politica economica per la crescita, i diversi approcci teorici,
l’esperienza degli USA, ecc.)
A.1 Carlo Panico: Myrdal, growth processes and equilibrium theory
Il lavoro vuole mostrare che ci sono elementi degli scritti di Myrdal relativi
alla crescita economic ache sono stati trascurati. Questi elementi hanno rilevanza
per le moderne teorie della crescita in quanto evidenziano alcune caratteristiche
delle recenti New Growth Theories in tema di interazione tra fattori economici
e non-economici nei processi di crescita, mostrano che non sempre le posizioni
dominanti nella comunità scientifica e nella società hanno un
solido fondamento scientifico-razionale e chiariscono aluni limiti analitici
delle teorie dominanti connessi con l’uso di una nozione soggettiva e
non-osservabile, come quella di utilità.
Il lavoro ricostruisce la posizione di Myrdal sulla concezione dei processi
di crescita sottolineando sia le differenze con gli altri approcci. Si dimostra
che alcuni punti di partenza empirici dell’analisi di Myrdal, all’epoca
non considerati dalla letteratura dominante, sono stati adottati dale Nuove
Teorie della Crescita. Questi punti sono la tendenza all’aumento e alla
persistenza delle disuguaglianza tra le economie e all’interno della stessa
economia e la stretta interazione tra fattori economici e non-economici nei
processi di crescita. La visione di Myrdal, tuttavia, a differenza di quella
delle Nuove Teorie della Crescita, sottolinea la centralità della causazione
cumulativa, che rende necessario un intervento pubblico volto a creare situazioni
di maggiore uguaglianza e giustizia sociale.
Inoltre il lavoro ricostruisce le diverse critiche che Myrdal mosse all’approccio
neoclassico dominante dell’equilibrio stabile per sottolineare che il
processo di diffusione delle idee è complesso e non sempre porta al predominio
delle posizioni maggiormente fondate razionalmente e scientificamente e che
la teoria dell’equilibrio generale e del welfare basata sulla nozione
di utilità ancora presenta problemi di coerenza logica, molte volte trascurati
dalla pubblicistica, anche se, di recente, un notevole flusso di pubblicazioni
sta inconsapevolmente riprendendo le posizioni di Myrdal per dare fondamento
alla nozione di utilità attraverso gli strumenti usati dalla neurologia.
A.2 Tommaso Luzzati: La sostenibilità dello sviluppo e il ruolo delle
politiche pubbliche a fronte delle crescenti scarsità ambientali: attualità
dell’opera di Karl William Kapp
Obiettivo del lavoro è mostrare il forte nesso che oggi lega crescita
economica scarsità dei servizi
offerti dell’ambiente naturale e politiche pubbliche. Il nesso deriva
dal fatto che i servizi offerti dall’ambiente naturale (sia in termini
di risorse materiali ed energetiche che in termini di bacini di assorbimento
degli scarti) sono oggi caratterizzati da una domanda in forte crescita e da
un’offerta in calo. Ciò² comporta non solo problemi di tipo
ambientale, ma anche e soprattutto rischi di insostenibilità economica.
In questo quadro è¨ ovvia la necessità di una ristrutturazione
dell’economia verso una riduzione della velocità con cui consuma
materia (material throughput). Una simile ristrutturazione avverrebbe, secondo
molti economisti, in modo spontaneo grazie alla spinta dei cambiamenti dei prezzi
relativi. Considerato tuttavia che le economie “ricche” si sono
fondate (almeno negli anni più recenti) proprio sulla massimizzazione
del material throughput, ¨ facile mostrare come le politiche pubbliche esercitino
un ruolo cruciale ai fini della durevolezza della crescita. Promuovendo una
ristrutturazione dell’economia verso una minore intensit materiale possono
rendere la crescita di un Paese più durevole, al contrario, difendendo
lo status-quo possono avviarlo su un sentiero caratterizzato da una iniziale
stabilità e da un successivo collasso.
La necessità di integrare in un unico quadro l’economia la società
e l’ambiente naturale emerge con nitida chiarezza dagli scritti dall’economista
tedesco Karl William Kapp (1910-1976). Di ispirazione istituzionalista, legato
in particolar modo a Myrdal (di cui fa propria la nozione di causazione cumulativa),
Kapp elabora un approccio che - come si cercherà di mostrare nel presente
lavoro - ¨ estremamente attuale nella riflessione sulla crescita. Da un
lato consente di valutare il ruolo dell’intervento pubblico, dall’altro
contiene utili e interessanti proposte, avanzate in un’ottica di sistemi
complessi e “autosviluppo partecipato”.
A.3 Pasquale Commendatore, Carlo Panico, Antonio Pinto, Francesco Purificato: Public policy, effective demand and growth
Il lavoro analizza il ruolo della spesa pubblica sulla crescita economica in
modello di matrice keynesiana. Vari modelli di crescita endogena hanno introdotto
differenti categorie di spesa pubblica come motore della crescita economica
(Per una rassegna si veda Zagler e Dürneker, 2003, JES). Le categorie di
spesa che sono state considerate comprendono gli investimenti in capitale umano
(Lucas, 1988, JME), le infrastrutture pubbliche (Barro 1990, JPE), la spesa
in R&D (Romer 1990, JPE) e la spesa sanitaria.
Nella letteratura di derivazione keynesiana è stata rivolta poca attenzione
a questo tema. Il lavoro si propone di colmare questa lacuna elaborando una
struttura unificante in grado di valutare l’impatto delle varie componenti
della spesa pubblica sulla crescita di lungo periodo che tenga in considerazione
il ruolo della domanda effettiva.
Considereremo sia il caso di bilancio pubblico in pareggio sia di deficit finanziato
dal debito pubblico.
A.4 Davide Gualerzi: Spesa pubblica e espansione economica (negli anni 90)
Un terzo tema è quello del ruolo della spesa pubblica nello sviluppo,
restringendo l’attenzione all’esame dell’impatto delle politiche
economiche perseguite dalle due amministrazioni Clinton sulla fase espansiva
degli anni 90, per discuterne poi le implicazioni per il dibattito sulla politica
economica e della continuità/discontinuità con la politica economica
della successiva amministrazione Bush.
Il punto fondamentale è discutere:
a) degli effetti della politica fiscale, e in particolare del surplus di bilancio,
in relazione all’andamento del ciclo economico e delle altre maggiori
componenti di spesa, a partire dagli investimenti privati (vedi sopra punto
2) durante gli anni 90;
b) il mix di politiche che ha contraddistinto la nuova amministrazione Bush,
in relazione alla fine del ciclo espansivo degli anni 90 e i suoi principali
risultati macroeconomici.
Section B : Micro and Macroeconomic Policies for Growth
Analisi di politiche micro e macroeconomiche a sostegno della crescita
B.1 Luciano Fanti: Imperfezioni dei mercati, politiche pubbliche e dinamica
economica
Nel lavoro si analizzano le imperfezioni dei mercati (mercato del prodotto
e mercato del lavoro, in quest'ultimo principalmente salario minimo, union bargaining,
salario d'efficienza e così via), equilibri multipli nella crescita,
corrispondenti trappole della povertà, e ruolo delle politiche pubbliche
nel contesto di modelli OLG à la Samuelson-Diamond (esteso a funzioni
di utilità più generali, includendo deviazioni dal regime di concorrenza
perfetta e confrontando il caso di
aspettative "miopi" e di "previsione perfetta").
B.2 Renato Balducci: Optimal taxation of housing income and economic growth
The paper analyses the effects of variations in direct tax rates on incomes and on the value of owner housing in a model of dynamic general economic equilibrium. The results confirm similar findings in the literature, although with some qualifications. If public expenditure consists of public consumption and transfers to households, the optimal condition for the economy is absence of the government. In general, income from business capital should not be taxed, while the imputed income from owner housing should be taxed at high rates, in relation both to household utility and the economy’s rate of growth. The question of the tax rate on household income is more complex, because this is positively correlated with the economy’s rate of growth, but negatively with household utility. Consequently, in a context of steady state equilibrium, an increase in the tax rate on the income of households is likely to worsen their utility, whereas in the long-run this negative effect may be off-set by more rapid growth.
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B.3 Martina Pignatti Morano: “Participatory planning of economic development
and production of local public goods”
The concept of “participation” appeared in development studies in
the late 1960s as a rallying cry for a dissenting vision of development, but
it has been partly absorbed nowadays by the mainstream discourse. The World
Bank and NGOs value participation of local stakeholders as essential to improve
effectiveness, efficiency and sustainability of development outcomes in their
projects, and many governments in developing countries have designed pilot projects
(e.g. South Africa, Vietnam) or even national programmes (e.g. India, Uganda)
to establish a bottom-up planning processes. Despite the generally negative
evaluation given by conventional economic theory on the pursuit of public participation
in development processes, recent economic analysis of social capital and social
preferences and a more realistic behavioural representation of policy makers
changed the picture (Bowles and Gintis 2002, EJ). Still, more research is necessary
to highlight the potential strength of participatory planning micro-institutions
as engines for growth, especially in rural areas of developing countries were
capital is insufficient to produce local public goods and infrastructure (e.g.
roads). As the experience of industrial districts showed, social cohesion in
a geographical space can be transformed into economic efficiency and higher
productivity, constituting the moral and ethical background to the market which
Adam Smith deemed necessary. In developing countries, institutions are necessary
to identify where social cohesion lies and how cooperation can be enforced to
enhance development processes, avoiding capture of public budgets by local elites.
My aim is to model the production of a public good through a production function
of collective action (widely used in the field of Mathematical Sociology) which
can be mobilized in village meetings by heterogeneous agents having some conflicting
and some common interests, some of which share social preferences and some do
not. I assume that human resources can be mobilized in the form of collective
work, and local taxes can be collected, in order to produce the public good.
By varying the size of income and behavioural classes, I will study how public
goods problems can be solved through institutional devices governing the deliberating
process in public assemblies.
Section C: Goverment Faillures
Il condizionamento delle politiche pubbliche ad opera dei gruppi di pressione
e a causa
di fenomeni di corruzione
C.1 Antonio Acconcia e Carmelo Petraglia: Public Spending Allocation under Tax
Evasion and Corruption
We aim at enriching the analysis of fiscal policy impact on long-run economic
growth by modeling strategic interactions between public and private sides of
the economy due to the engaging in corruptive acts by representatives of the
government and fiscal evasion, respectively.
Empirical work on the determinants of long-run growth has produced conclusive
evidence on the detrimental role played by corruption on both investment and
income growth rates (Mauro, 1995; Ehrlich and Lui, 1999; Mèon and Sekkat,
2005). An extensive body of empirical research has also been devoted to the
analysis of the impact of tax evasion on economic growth (Friedman et al., 2000;
Tanzi and Davoodi, 2000) leading to less conclusive results.
Theoretical work on both tax evasion and corruption has been mostly dealing
with “micro” aspects, typically using the principal-agent approach
within static and partial equilibrium frameworks since Becker (1968) (more recently,
Acemoglu and Verdier, 2000). Moreover, the few “macro” contributions
share the common feature of focusing on one of the two issues, neglecting the
other. As a preliminary remark, we recognize that tax evasion on the private
side of the economy and the engaging of corruption acts on behalf of public
officials are, ultimately, two faces of the same coin, which calls for the need
of treating jointly the two phenomena as policy implications are concerned.
The most representative models of tax evasion and growth are by Roubini and
Sala-i-Martin (1995), Caballé and Panades (1997), Sengupta (1998), Lin
and Yang (2001) and Ho and Yang (2002) and Eichhorn (2004). While, scholars
dealing with corruption and growth are Ehrlich and Lui (1999), Barreto R.J.
(2000), Mauro (2002), Ellis and Fender (2003) and Chen (2003).
On the basis of a critical survey of the existent literature, our research will
make an attempt to merge the above two fields of research. Preliminary considerations
reported below will try to clarify our aim, referring to a well-known model
of endogenous growth with public spending.
In growth models following Barro (1990), long-run growth is typically determined
by public services “g” provided by the government, which enhance
private inputs productivity, as well as by the (income) tax rate. The positive
policy externality due to the growth enhancing effect of “g” can
offset after a certain point the standard negative policy externality due to
the growth hampering effect of distortionary taxation. As a consequence, it
is predicted the existence of an optimal (growth-maximizing) level of “t”
used to finance the provision of “g”. The so-called Barro rule for
the efficient provision of public capital states that, for the long-run rate
of growth to be maximized, a unit increase in government spending has to imply
a unit increase in output as well.
Such a rule is obtained under the assumption of a government balanced budget
constraint “ty=g” and perfectly competitive markets, ruling out
possible strategic interactions between firms and government investment decisions.
We notice that the government sets the quantity of public capital to make available
to the economy according to the rule implied by the balanced budget constraint.
On the other hand, firm investment decision is made for a given value of “g”,
implying that the combination (y;g) is constant over time and univocally determined
by the relationship defined by “ty =g”.
The research question to be addressed is to consider the couple (y, g) –
that is to say, the one consistent with the existence of the Barro rule –
as the “favorable” result in a more general framework where multipla
equilibria can arise according to different possible outcomes of the strategic
interaction engaged between private and public sides of the economy. In order
to do so, the behavioral assumptions implied by the balanced government budget
constraint have to be modified accordingly.
A more realistic analysis of the link between tax payment (and collection) and
public good provision should take into account that both activities imply the
interactions between heterogeneous agents. This implies that only under certain
conditions – relative to the actual behavior of agents – a “well
behaved” relationship “ty=g” will emerge.
Agents involved into the interactions between private and public sectors are:
1) Tax payers-firms. On one hand, taxpayers are aware of the beneficial effect
on private capital productivity due to a higher level of “g”. On
the other hand, assuming that the true tax base “y” is not easily
observable by the government, tax payers face with the decision of whether –
and to what extent – underreport the tax base “y” to tax collectors
(auditors). If firms decide to underreport a share of “y” to the
government, they could also offer a bribe to corruptible public officials in
charge of tax collection;
2) Corruptible public officials in charge of tax collection are hired by the
government to deter fiscal evasion and – if their salary is not high enough
– they can take a bribe for not reporting evidence of evasion. This give
rise to the “tax-related corruption”;
3) Corruptible public officials in charge of public good provision. If none
of the activities connected to the provision of “g” is easily observable
ex ante, public officials have a strong incentive to “steal” a share
of “g”.
The set of strategic interactions among agents in 1) - 3) can summarize the
linkage between private and public sides of the economy in a more realistic
way than the one implied by the equilibrium condition “ty=g”. In
particular, we argue that:
a) Tax evasion reduces tax liabilities and, hence, the potential available level
of “g”, hampering economic growth;
b) Tax collectors could offset the hampering growth effect in 1) by monitoring
tax evasion. However, if tax collectors are corrupt, they could reach a bribe
agreement with firms that wish to underreport “y”;
c) Even in absence of tax evasion and corrupt tax auditors, “g”
can still be smaller than “ty” due to the engaging of corruptive
acts of public officials in charge of its provision. In the presence of both
tax evasion and corrupt tax auditors, corruptive acts on behalf of public provider
of “g” can hamper economic growth.
Besides the decision of providing the economy with an optimal level of “g”,
the government will hence need to set up a coherent mix of both tax evasion
and corruption deterrence policies in order to offset potential negative effects
depicted in a) – c). Such policies require the designing of penalty structures
for each of the considered type of agents, taking into account that the effect
of each one of them on misbehavior can be offset by the other.
A Rise in the tax rate in a world with neither tax evasion nor corruption, will
lead to a proportional increase in “g”. However, if taxpayers consider
the option of evasion, an increase in “t” will affect their decision
on the share “y” to underreport. Also, increasing “t”
will have an effect on the demand for the bribe of the corrupt tax auditor.
Finally, higher tax liabilities implied by a higher “t” will presumably
increase the incentive to misbehave of the providers of “g” (the
higher the amounts of resources, the higher the temptation faced by them).
Taking into account the interactions among private and public sides of the economy
as outlined above, some issues we believe it would be interesting to investigate
are:
- The analysis of the impact on growth of agents’ competition on public
resources and the related implications for tax evasion deterrence and anti-corruption
policies;
- Given agents (or sectors) differentiated with respect to the degree of tax
evasion, how the assumption of a government distributing public resources among
alternative uses (investment in infrastructures, heath, human capital, public
consumption) can affect redistribution of income across agents (or sectors)
and its impact on growth;
- The analysis of corruption acts on behalf of public officials in charge of
the provision of public goods within a growth framework allowing for alternative
levels of government as recently Shah (2006). (F6)
C.2 Francesco Purificato: Dinamiche politiche e crescita economica: il ruolo
dei gruppi di pressione
Dal lavoro di Olson (1982) si è sviluppata una crescente letteratura
sul rapporto tra attività di lobbying e processi di crescita; tra i diversi
lavori quello di Mohtadi e Roe (1998), che riproduce, considerando l’azione
dei gruppi di pressione, la relazione di Barro (1990) tra saggio di crescita
e livello della spesa pubblica, e quello di Rodrìguez (2004), che analizza
il ruolo della contrapposizione tra capitalisti e lavoratori nella determinazione
della politica economica, sono certamente alcuni dei più importanti.
D’altra parte, però, questa letteratura impiega come schema di
riferimento i modelli di crescita endogena, per cui gli effetti delle scelte
politiche sulla crescita economica sono esclusivamente il frutto di mutamenti
intercorsi sul lato dell’offerta, cioè nelle decisioni di risparmio.
In virtù di queste considerazioni, tale lavoro ritiene opportuno utilizzare
come schema di riferimento l’approccio neokaleckiano (Blecker 2002, Lavoie
1992), allo scopo di caratterizzare il processo di crescita in funzione dei
mutamenti indotti dalle scelte politiche sul lato della domanda, piuttosto che
su quello dell’offerta. In questo ambito al centro dell’analisi
ricadranno le seguenti questioni: primo, l’influenza dell’attività
di lobbying, stimolata da interessi economici ricollegabili alla distribuzione
funzionale del reddito, sulle scelte del sistema politico; secondo, gli effetti
della politica economica condizionata dai gruppi di pressione, ed in particolare
della suddivisione della spesa pubblica tra beni di consumo e di investimento,
sulla crescita. In sintesi, questo lavoro indaga la relazione tra dinamiche
politiche ed il processo di crescita, alla luce dell’influenza dell’attività
di lobbying stimolata dalla distribuzione funzionale del reddito sulla composizione
della spesa pubblica.
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C.3 Carmelo Petraglia e Francesco Purificato: La politica per lo sviluppo del
mezzogiorno: il ruolo dei gruppi di pressione.
La letteratura sui gruppi di pressione (van Winden 2003), pur in presenza di
qualche eccezione (Lupia 1992, Besley e Coate 2001), evidenzia che tali gruppi,
attraverso sia la gestione delle informazioni (Sloof e van Winden 2000, Grossman
ed Helpman 1999) che delle risorse finanziarie (Grossman ed Helpman 1996, Baron
1994), svolgono un ruolo di primo piano nell’indirizzare le scelte del
sistema politico. Questo studio si propone di verificare il potere esplicativo
di questo filone di ricerca teorica rispetto all’evoluzione delle politiche
per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia.
L’obiettivo che ci proponiamo è di verificare l’ipotesi che
tali politiche possano essere state influenzate in maniera decisiva dal prevalere
dell’interesse di diversi gruppi. La domanda di ricerca è fino
a che punto il prevalere di diversi interessi particolari ha guidato le scelte
politiche verso soluzioni alternative di politiche industriali e di sviluppo.
In particolare, ci concentreremo sul periodo che va dalla fine dell’intervento
straordinario ai nostri giorni, analizzando l’evoluzione della spesa pubblica
e la sua suddivisione in spesa per investimenti, in consumi e spesa sociale
a livello regionale.
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C.4 Chiara Talamo: Come la corruzione può incidere sull’efficienza
dei sistemi di regolamentazione e programmi di sviluppo del governo
Il presente lavoro si propone di realizzare un accurato studio sulla relazione
esistente tra corruzione, sviluppo e crescita economica. In particolare si intende
dimostrare come la corruzione non solleva problemi solamente di natura morale-etica,
ma essa è anche un ostacolo allo sviluppo e un determinante della sempre
più bassa competitività dei paesi più corrotti.
La presente ricerca si inquadra nell’ambito del dibattito nazionale e
internazionale sul concetto di corruzione suscitato dai recenti scandali di
natura finanziaria. Vi sono autori che sostengono che la corruzione è
un “necessario lubrificante per gli affari” e chi invece sostiene
che è un “freno”. L’obiettivo di tale ricerca sarà
quello di dimostrare come illegalità e corruzione esplicano i loro effetti
negativi sull’economia in un’epoca di globalizzazione. Dati recenti
offerti dalla Banca Mondiale identificano infatti la corruzione come l’impedimento
più importante allo sviluppo economico e sociale. Per quanto concerne
la metodologia utilizzeremo sia strumenti di carattere formale-quantitativo,
che strumenti di carattere storico-analitico. In particolare, sulla base dei
dati pubblicati da Transparency International relativi a quasi tutti i paesi
del mondo e l’indice di qualità delle istituzioni, analizzeremo
come illegalità e corruzione deprimono la produttività del lavoro,
riducono il tasso di crescita dell’economia e frenano lo sviluppo di mercati
finanziari. Le metodologie che la presente ricerca si propone di adottare sono:
analisi storico- metodologica per quanto concerne gli aspetti teorici e analisi
quantitativa attraverso l’utilizzo di dati pubblicati da Transparency
International e l’ indice di qualità delle istituzioni (ROSC, World
Bank) per studiare la correlazione (negativa o positiva) tra corruzione, livello
qualitativo delle istituzioni e sviluppo- crescita economica.
Section D : Government deficit, finance and growth
D.1 Salvatore Capasso e Chiara Talamo: Titolo da definire
Oramai da qualche tempo numerosi autori (es. Colin Mayer, 1999) continuano
ad evidenziare come le differenze nella composizione di base azionaria tra imprese
del modello Anglosassone e quelle dell’Europa continentale sono ancora
molto marcate. Prevalentemente diffusa la prima, fortemente concentrata la seconda
con sostanziali differenze tra imprese francesi, italiane e tedesche.
Il sistema anglosassone è un sistema finanziario prevalentemente orientato
al rendimento finanziario (public companies), mentre nei paesi continentali
le imprese familiari sono ancora una realtà piuttosto diffusa. Dopo il
crollo del muro di Berlino e l’intensificarsi del processo di globalizzazione
negli ultimi anni, il dibattito di natura politico – economico è
passato dalla contrapposizione tra capitalismo e comunismo a quella dei diversi
modelli e delle diverse concezioni di capitalismo.
Malgrado le differenze esistenti, essi stanno progressivamente convergendo verso
un modello, mutuando elementi sia dal capitalismo Anglosassone, sia dall’economia
mista. Nella contrapposizione tra modelli – americano, renano, ecc- c’è
un confronto tra “capitalismo dell’individuo” e “capitalismo
delle comunità”. In quest’ottica si colloca l’analisi
comparata dei sistemi europei di “governance “ e in particolare
di insiemi di regole e sistemi di governance (corporate governance). La ricerca
ha un duplice obiettivo.
Su di un piano empirico la ricerca si propone di analizzare il mercato degli
assetti proprietari in Europa alla luce la relazione azionista – management
e di verificarne le differenze con quelle presenti in altri paesi. In particolare
l’analisi dei modelli societari sarà estesa anche a più
attori economici, tanto da parlare di modello multi - agente / multi- principale
dove, ad es., si considerano i cosiddetti stakeholders ovvero azionisti (di
maggioranza e minoranza), creditori, lavoratori, e tutti quei soggetti che sono
coinvolti a vario titolo nella proprietà della società. Invece,
nel caso di modelli basati sulla tutela degli interessi degli azionisti di minoranza
, si parla di shareholder’s theory.
Su di un piano teorico, la ricerca si propone di determinare l’impatto
che l’assetto proprietario delle aziende ha sulle decisioni di investimento
del management, e, quindi, sul processo di accumulazione del capitale e della
crescita economica. La letteratura microeconomica sul contratto finanziario
ottimale ha mostrato che la composizione dei flussi finanziari con cui le imprese
attingono risorse dall’esterno, dipende da numerosi fattori come il grado
di asimmetrie informative, i costi di monitoraggio e di verifica e da tutte
le altre imperfezioni nel mercato del credito. Quindi, in contrasto con quanto
suggerito dal teorema di Modigliani e Miller, in presenza di tali frizione nel
mercato del credito, le scelte finanziarie non sono neutrali ed influenzano
le decisioni di investimento delle imprese. Sulla scia di questi risultati microeconomici,
numerosi studi hanno recentemente utilizzato tali imperfezioni nel mercato del
credito per spiegare la relazione tra sviluppo dei mercati finanziari e crescita
economica.
Seguendo una logica simile, è presumibile argomentare che anche la composizione
dell’assetto proprietario delle aziende possa influenzare le decisioni
di investimento dei manager, il rendimento del capitale e, per questa via, il
processo di sviluppo economico. In questa prospettiva, laddove l’assetto
proprietario delle imprese sia tale da generare una maggior influenza degli
stakeholder e dei loro interessi, si presume che il management potrebbe essere
indotto a lasciar passare opportunità di investimento che risultano essere
invece ottimali in una pura ottica di massimizzazione del profitto. In termini
aggregati, questo si riflette in un minor rendimento dell’investimento
e in più bassi tassi di crescita.
D.2 Marco Arnone e Andrea F. Presbitero: External Debt Sustainability and Domestic
Debt in Heavily Indebted Poor Countiers
In this paper we stress the limits of the current debt sustainability framework used in the IMF-WB HIPC Initiative and the necessity to include domestic public debt into the analysis. The standard sustainability analysis does not take into account the fully-fledged budget constraint and the feedback effects of the fiscal and monetary adjustment required by multilateral programs. The switch from foreign to domestic borrowing, and rising domestic real interest rates are likely to undermine the overall sustainability and the success of debt relief programs. This work focuses on the evaluation of public debt sustainability in a simple accounting framework. We use data on external public debt (multilateral and bilateral) and on domestic public debt to underline how the inclusion of domestic debt into the analysis undermines the sustainability target.
D.3 Giuseppe Conti e Giuseppe Mastromatteo: Debito pubblico, crescita economica
e finanziaria. Il caso italiano
Il debito pubblico ha promosso e accompagnato le "rivoluzioni finanziarie"
nazionali nelle economie che hanno portato a compimento un processo di sviluppo
industriale. È stato così anche per l'Italia dall'unità
in poi. La creazione del debito pubblico nazionale, insieme alla detenzione
dei titoli relativi da parte di istituzioni finanziarie e di privati residenti,
sono state le condizioni necessarie per consolidare gli stati nazionali e poter
realizzare le politiche di potenza. Se il debito pubblico (insieme alle spese
che andava a finanziare) era una leva finanziaria per l’azione dello stato,
poteva costituire anche un peso per l’intera economia. I limiti e i pericoli
all’espansione del debito pubblico e alle possibilità di collocarlo
sull’interno si sono spesso tradotti in elementi di debolezza dello stato
nazionale e del sistema finanziario. Le politiche di potenza a cui si fa riferimento
non sono solo quelle di tipo colonialistico, aggressive o minacciose per un
quadro stabile di relazioni internazionali. Specialmente nel corso della seconda
metà del XX secolo sono anche evolute in forme di welfare state, sempre
con caratteristiche specificatamente nazionali. Tutto ciò ha avuto implicazioni
istituzionali di ampia portata per la creazione di un mercato finanziario nazionale,
per la mobilitazione del risparmio domestico, per la gestione del debito congiuntamente
alla formazione di un sistema bancario e finanziario moderno (spessore dei mercati
finanziari, affinamento dell'organizzazione creditizia, ecc.). In particolare
alcuni settori di spesa, dai piani di educazione, all’organizzazione del
sistema sanitario e dei sistemi pensionistici, hanno avuto implicazioni importanti
su risparmio disponibile delle famiglie, sui canali finanziari attraverso i
quali trasformare quel risparmio in investimenti e, dal lato dello stato, sulla
possibilità di svincolare le scelte di spesa dalla capacità impositiva
e da limiti imposti dalle condizioni finanziarie internazionali (via tassi d’interesse
e tassi di cambio).
La storia del passato recente, e più remoto, può forse essere
letta in questa prospettiva, evidenziando alcuni problemi e snodi critici storicamente
rilevanti: 1) indipendenza e potenza, 2) crisi finanziarie e deficit e debito
statale, 3) ruolo dello stato e qualità della spesa pubblica.
Si tratta di aspetti che coniugano la questione del debito pubblico in special
modo all’evoluzione del sistema finanziario italiano. La storiografia,
salvo poche ma importanti eccezioni, ha trascurato le implicazioni del debito
sulla formazione e sulla fisionomia del sistema bancario e dei mercati finanziari
in Italia. La centralità assunta dalla banca e la debolezza dei mercati
obbligazionario e azionario sono state considerate principalmente alla luce
di specifiche dinamiche interne: i rapporti con l’industria, la formazione
di gruppi industriali e finanziari, la debolezza e l’incoerenza nel sistema
di regole, la carenza di istituzioni finanziarie atte a sviluppare i mercati
(merchant e issuing banking, ritardo nell’introduzione dei fondi comuni,
i fondi pensione, il ruolo delle compagnie di assicurazione, ecc.). Quel che
ci proponiamo di indagare sono le varie implicazioni che le dimensioni e la
dinamica del debito pubblico hanno avuto sull’evoluzione del sistema finanziario
italiano. Una prospettiva comparata, anche per singoli spaccati periodici (date
le difficoltà di disporre per epoche più lontane un sistema di
conti finanziari nazionali confrontabili per le principali economie), sarà
privilegiata anche al fine di comprendere meglio la situazione nazionale.
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